giovedì 23 giugno 2011

Progresso

Leggo la conclusione di un articolo – uno dei tanti che appaiono su quotidiani e riviste varie – che tratta di sperimentazione animale. Chi lo scrive è, ovviamente, uno stimato scienziato; e altrettanto ovviamente difende l'utilizzo degli animali per la ricerca.
L'ultima riga: [...] là dove gli animali servono, non utilizzarli vuol dire fermare il progresso della medicina. Di fronte ad una conclusione di questo genere, non c'è particolare spazio per repliche ed ulteriori sviluppi.

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Secondo la visione di Karl Popper una teoria scientifica, per definirsi tale, deve essere falsificabile. Ovvero, devono esserci degli esperimenti in grado di dimostrare la sua falsità, in modo che la teoria stessa sia superabile – abbandonandola in favore di un'altra teoria, oppure emendandola e aggiornandola. Se una teoria non è falsificabile, allora non stiamo più parlando di scienza, ma di metafisica, quindi di fede: se non esiste alcun modo di dimostrare la sua falsità, semplicemente bisogna scegliere di crederci o di non crederci per partito preso.
Questa concezione della scienza mi pare molto interessante, sopratutto perché rispecchia una idea che credo sia sufficientemente accettata: la scienza non fornisce verità eterne, ma teorie in continua evoluzione, e che ovviamente per evolversi devono dichiarare fallaci (del tutto o solo in parte) le teorie precedenti. Da questo discende che il lavoro del “buon scienziato” sia paradossalmente (o meglio: contrariamente alla consuetudine cui siamo abituati) non quello di difendere ad ogni costo le proprie teorie, ma l'esatto opposto: cercare in ogni modo possibile errori e fallacie per poter progredire nello sviluppo teorico. Una teoria non è un feticcio da difendere dalle aggressioni esterne come in una guerra di religione, ma dovrebbe essere più simile ad un giocattolo da maltrattare il più possibile per capire come romperlo, in modo da poterne costruire uno nuovo più robusto e meglio funzionante.

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Ora, ai miei occhi appare chiaro che chiunque difenda una pratica scientifica “a prescindere” non si sta muovendo in una buona direzione. E questo al netto delle considerazioni riguardanti gli animali. Difendere ciò che era (e che nella vulgata viene anche inteso come “ciò che è sempre stato”) risulta essere l'esatto opposto del progresso. Ed il progresso ovviamente non è definito: non sappiamo cosa ci aspetta e dove ci porterà la ricerca, né con quali metodi lo farà, tutto è ancora da scrivere. Cosa ci impedisce di scrivere queste nuove pagine in modo etico (ovvero: lasciando in pace gli animali) se non il conservatorismo di chi si è abbarbicato sulle pratiche che ha sempre usato, e non è capace di immaginare un futuro in cui il progresso avvenga realmente – il che implica per definizione il cambiamento, radicale o meno, rispetto ciò che era prima? A queste persone non restano che gli anatemi contro il cambiamento, e sebbene molti li accolgano per principio di autorità – rispondendo quindi in modo fideistico alle parole di famosi ed onorevoli scienziati che proprio in virtù della loro posizione sociale non possono che dire “il vero” – in realtà non possiedono altri strumenti per poter fermare il vero progresso. Se poi saremo davvero in grado di inserire l'etica nel futuro della scienza, questo è un altro discorso, tutto da vedere. Per ora basti riflettere su come, per trovare stonate le parole di chi difende la sperimentazione animale, ci si possa anche fermare un passo prima dell'etica.

1 commento:

  1. Cosa penso della vivisezione l'ho scritto qui:

    http://ildolcedomani.blogspot.com/2011/05/olocausto-invisibile-viii.html

    Perdonami se non ti faccio un piccolo riassunto, ma comunque sostanzialmente condivido il tuo pensiero che continuare ad usare gli animali per le ricerche mediche e scientifiche sia tutto tranne che progresso. Anzi, è pratica retriva e barbara, che rende barbaro e disumano chi la pratica, avvilisce e sminuisce il valore di chi la sostiene.

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